La nascita

Quando si nasceva in casa

 

Negli anni ’50, nei paesini di collina come Dego, i bambini nascevano in casa, dando vita a momenti di grande commozione e frenesia. Quando il travaglio diventava imminente, gli uomini e i bambini venivano allontanati dalla dimora. Le donne adulte della famiglia o del vicinato entravano in azione, preparando pentoloni d’acqua calda e fasce di stoffa per accogliere il neonato e assistere la madre durante il parto. Il marito aveva il compito di chiamare la levatrice o una donna esperta del luogo, che tramandava le sue conoscenze attraverso lunghe esperienze.

La levatrice, con la sua vasta esperienza, sapeva esattamente come affrontare ogni situazione. I parti non erano sempre agevoli, e solo in casi estremi si richiamava l’intervento del medico. Nel mondo contadino, ci si arrangiava con ciò che si aveva a disposizione.

Le donne davano alla luce i loro figli in casa, talvolta nella camera matrimoniale o addirittura nella stalla. Solitamente, entro la prima domenica seguente al parto, si procedeva al battesimo per conferire protezione al neonato. L’igiene rivestiva un ruolo fondamentale durante il parto, e quindi veniva fatta bollire abbondante acqua per la pulizia sia della madre che del neonato, essendo questo l’unico mezzo disponibile per la disinfezione. Le nascite di maschi erano spesso celebrate come eventi di grande importanza, mentre le femmine non sempre ricevevano lo stesso entusiasmo, specialmente se la famiglia contava già numerose figlie.

Dopo il taglio del cordone ombelicale, il neonato veniva delicatamente lavato e avvolto in fasce di stoffa bianca per mantenere la corretta postura di schiena e gambe. Tuttavia, il processo di fasciatura non era privo di difficoltà e talvolta portava a rossori e irritazioni cutanee. L’allattamento al seno era la prassi comune e perdurava finché la madre aveva latte, talvolta anche oltre i due anni di età del bambino. Le formule del latte in polvere erano rare, quindi si ricorreva al latte di mucca o di capra. Tuttavia, l’igiene dei neonati risultava limitata, e spesso si riscontravano problemi di salute come la gastroenterite o il tifo.

Per coloro che non potevano allattare, le balie rappresentavano un’alternativa, donne che, a fronte di un compenso, si occupavano di nutrire i neonati con il loro latte materno. Tuttavia, questa pratica ha suscitato critiche, con alcuni che ritenevano che il legame materno potesse essere compromesso e i bambini potessero subire carenze affettive e sentirsi estranei alla propria famiglia biologica. Le culle, di solito piccole e decorate a mano, erano accoglienti rifugi per i neonati, mentre le case, spesso scarsamente riscaldate, richiedevano l’uso di sacchi di lana e coperte per mantenerli al caldo.

L’infanzia era caratterizzata dalla semplicità, con pochi giochi pericolosi, e i bambini facevano parte di una comunità che si prendeva cura di loro con affetto e dedizione.