Il contadino che a Dego divenne un gigante
Jean Lannes
Lectoure, 10 aprile 1769 – Kaiserebersdorf, 31 maggio 1809
Jean Lannes nacque in una famiglia di agricoltori come quinto di otto figli. La sua storia militare iniziò nel 1792, quando abbandonò l’apprendistato come tintore per unirsi alla Guardia Nazionale di Lectoure, dove acquisì le sue prime competenze nel campo militare. Come molti dei suoi compagni, si unì al secondo battaglione dei volontari di Gers per ampliare la sua formazione militare.
La svolta nella sua carriera avvenne durante la battaglia di Dego nel 1796, quando Napoleone Bonaparte notò il suo coraggio durante un audace assalto a baionetta. Questo atto gli valse la nomina a comandante di brigata. Successivamente, Lannes divenne capo del 5º Corpo d’armata nella Grande Armée e si distinse come uno dei più abili Marescialli di Napoleone, paragonabile a figure di spicco come Massèna e Davout.
Tuttavia, la sua vita ebbe una svolta tragica durante la battaglia di Aspern-Essling. Nonostante le truppe francesi fossero in procinto di vincere, Lannes ricevette l’ordine di fermarsi a causa di interruzioni nella linea dei rifornimenti. Mentre attendeva ulteriori istruzioni, seduto su un masso, fu colpito da un proiettile di cannone che gli fratturò un ginocchio. Trasportato nell’infermeria da campo, subì l’amputazione della gamba destra, ma purtroppo la cancrena si sviluppò rapidamente, portandolo alla morte dopo una settimana di atroci sofferenze.
La sua scomparsa lasciò un vuoto profondo nell’animo dell’imperatore. Napoleone considerava Lannes uno dei suoi più fedeli collaboratori. Durante l’esilio a Sant’Elena, Lannes rimase nei ricordi di Napoleone come uno dei suoi più stretti amici. Durante l’Impero, Lannes era l’unico a cui Napoleone permetteva di rivolgersi con il “tu” nelle occasioni ufficiali, un privilegio riservato solo a Giuseppina e non concesso neppure ai membri della sua famiglia. Grazie al suo carattere unico, Napoleone lo chiamava affettuosamente “Orso Lannes” e gli dedicò parole di stima ed apprezzamento, ricordandolo come un uomo che, secondo lui, era cresciuto in statura e importanza nel corso del tempo: «L’ho trovato che era un pigmeo e l’ho lasciato che era un gigante».
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